1928 Archivio “Centro Studi J.Antiga” – Miane

Una Diva che concilia lavoro e famiglia? All’epoca in cui Toti Dal Monte divenne madre felice, il verbo “conciliare” doveva sempre lasciare il passo ai rigidi termini degli impegni presi.
I patti erano chiari, se l’incarico c’era, bisognava prenderlo. Con o senza bambini a casa ad aspettare. Così la Toti fu più volte costretta a lunghe separazioni dalla Mary.
(Silvia Milani nel capitolo “Una donna semplice” a pagina 71 de La TOTI – volume curato da Giuseppe Pugliese in occasione del centenario della nascita e pubblicato da Matteo Editore – Silea)
La professionalità dell’Artista è davvero ammirevole e non ci riferiamo alla disciplina quotidiana cui si sottoponeva per mantenere il nitore esecutivo, peculiare al repertorio che interpretava. Prestare fede ai contratti, spesso sottoscritti con imprese teatrali che rispondevano economicamente in prima persona, era un tratto della professionalità degli artisti ed emblematico in tal senso era stato l’episodio legato alla morte del padre avvenuta nel settembre del 1919 mentre era impegnata in alcune recite della mascagnana “Lodoletta” a Cesena. Ricevuta la notizia del grave lutto che l’aveva colpita, Toti Dal Monte chiese di poter essere Antonietta Meneghel per il tempo necessario a raggiungere i propri cari ma le suppliche dell’impresario furono tali da costringere l’artista a salire sul palcoscenico a interpretare la sedicenne olandesina, cui muore il padre proprio nel primo atto.
No, non mi sono mai pentita di essermi piegata alla disperazione di quel povero impresario; anzi mi sono sentita e mi sento tutt’ora orgogliosa di aver fatto il mio dovere in quella luttuosa circostanza. (Toti Dal Monte – UNA VOCE NEL MONDO Longanesi &C.- Milano 1962, pagg.91 e 92)

Barbisanello 1935

Non ci stupisce perciò se nel 1942 la nostra Diva parte per la Sicilia ma portando con se la figlia dodicenne, sempre desiderosa di condividere con la madre il mondo del palcoscenico. Per avere più tempo ed energie da dedicare a Mary , l’artista sceglie di cantare in una sola delle produzioni organizzate dall’impresario, dopo le recite nei teatri di Messina e Palermo, affollati nonostante il pericolo di bombardamenti della RAF di stanza a Malta, Toti Dal Monte si trova ad affrontare il pesante bombardamento di Trapani lontana dalla figlia Mary che poté abbracciare, scoprendola per nulla spaventata da quel diluvio di bombe, dopo un tempo che le sembrò interminabile.

La distanza dalla figlia le causò sempre grande sofferenza e, appena possibile Toti Dal Monte la portò con se, coinvolgendola anche artisticamente.
Arrivati a questo punto, è difficile per chi scrive scindere la realtà oggettiva dai ricordi personali, soprattutto quando ci si ritrova a frequentare personalità artistiche come Maria de Muro, divenuta Marina Dolfin su suggerimento di Cesco Baseggio.
Confesso che non potrò mai scordare l’emozione provata nel sentire la voce di Mary intonare “Serenata delle fate in onor di Lodoletta”, mentre le porgevo le foto di scena delle mie recite dell’opera che aveva visto sua madre acclamatissima interprete, innumerevoli volte.
Marina rispose al mio stupore con grande naturalezza: all’età di undici anni era stata una delle voci voci bianche nell’edizione dell’opera diretta dallo stesso Mascagni e trasmessa dagli Studi EIAR di Roma nell’ottobre del 1941, “ e co’ me mama ghe giera Beniamino Gigli” concluse, stupita del mio stupore.
Questo stesso progetto, peraltro, nasce in uno di quei nostri piacevolissimi pomeriggi trascorsi nella casetta del custode di Villa Toti; si ascoltavano e si analizzavano, spesso spartito alla mano, le registrazioni del padre ma la conversazione si spostava più volte sugli ultimi mesi di guerra, su quel coraggio, definito “quea beata incoscensa de me mama” nell’ospitare il maestro Polacco, e non solo, all’interno del suo spazio quotidiano, divenuto vitale per molti.

Cristina Mantese, gennaio 2023

Beniamino Gigli, Pietro Mascagni e Toti Dal Monte – Roma 1941

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